Il sentiero stretto. Quello che si para dinanzi al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Ma è anche quello che si intravede davanti a Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che più passano i giorni e più riesce difficile immaginarli espressione di una stessa coalizione. Almeno a livello nazionale perché sul piano regionale il particolare sistema elettorale impone le alleanze per poter vincere.
Ma andiamo con ordine e partiamo con il premier Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio pensava e sperava di poter gestire la Fase3 così come aveva fatto con la Fase1 e 2 e cioè via streaming, a colpi di Dpcm e di conferenze stampa ad orario di cena con tutti gli italiani chiusi in casa in solenne attesa delle sue comunicazioni. Il tutto favorito dal Parlamento mezzo chiuso, e anche sorpreso e impreparato, per il diffondersi dell’epidemia di Covid-19.
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Conte sta sentendo che è cambiata l’aria attorno a lui
Invece Giuseppe Conte sta sentendo sulla sua pelle che l’aria è cambiata e che appunto quello che prima era un’autostrada spianata dinanzi a lui ora sta diventando un sentiero sempre più stretto. I partiti con il ridursi dell’emergenza hanno puntato a riappropriarsi dei propri spazi e del loro ruolo, benedetti dallo stesso Mattarella che non ha mai apprezzato i modi di uomo solo al comando.
Ma in particolare il Pd, che non a caso rimane sempre il partito del presidente Mattarella, ha progressivamente rotto gli indugi mandando un avviso chiarissimo a Giuseppe Conte. Lunedì durante la direzione nazionale Nicola Zingaretti ha detto che bisogna «voltare pagina», aprire una nuova fase.
La preoccupazione dei Dem è che arrivino alle famiglie, alle imprese, ai lavoratori i soldi promessi in tante occasioni. Il timore è che monti quella rivolta sociale, di cui si ha già qualche sentore, e che alla fine non soltanto l’Esecutivo ne rimanga travolto ma anche lo stesso Pd. Per questo bisogna smetterla con la politica dell’apparenza per passare alla sostanza.
Questo spiega anche lo scontro con Giuseppe Conte sugli Stati Generali dell’Economia visti come l’ennesima passarella, un ulteriore evento a beneficio di telecamere e social ma che rischiava di non produrre effetti concreti facendo così aumentare il disagio tra gli italiani. Proprio la posizione di Franceschini, nel governo, e di Zingaretti, fuori, hanno portato su un sentiero meno agevole Conte in direzione villa Pamphili, la sede dove ci saranno gli incontri.
Che non saranno più soltanto per un paio di giorni ma addirittura in una decina di giorni, a partire da venerdì con le opposizioni, che peraltro ancora devono decidere se partecipare; poi sabato gli organismi internazionali e si parla di un collegamento in videoconferenza di Ursula von der Leyen, la quale non avrebbe ancora detto sì bloccando di fatto il programma; lunedì, invece, le parti sociali e quindi sindacati e soprattutto quella Confindustria di Bonomi che con tanta ruvidezza ha rinfacciato a Conte che la politica rischia di fare più danni del virus.
Ritorna l’emergenza sbarchi a Lampedusa e sulla frontiera Est
E se non bastassero questi problemi si sta affacciando all’orizzonte anche la delicata situazione dell’immigrazione clandestina. A Lampedusa la situazione è esplosa. Nei giorni scorsi sono stati incendiati i barconi abbandonati e il ministro Provenzano è stato costretto ad andare giù nell’isola a portare la vicinanza del governo. E intanto il Centrodestra con un emendamento di Carolina Varchi (FdI) al dl Rilancio ha chiesto lo Stato di emergenza. Ma non è soltanto al Sud il problema, è anche sulla frontiera est dove il flusso dell’immigrazione clandestino è continuo.
Già quando era ministro Matteo Salvini il presidente di FdI al Senato, Luca Ciriani, aveva denunciato il tutto in un’interrogazione chiedendo più controlli e uomini. Da allora non sembra siano stati fatti molti passi in avanti e la frontiera è un vero colabrodo. Ecco, la preoccupazione ulteriore per Conte è quella che a breve bisognerà fronteggiare l’arrivo. E se prima c’era Salvini che con i porti chiusi poteva fare da parafulmini, adesso bisognerà trattare con il Pd, che tanto per non dimenticare con il suo capogruppo alla Camera, Graziano Delrio andò sulla Sea Watch da Carola Rackete.
Ma il sentiero stretto per Conte è anche in Europa sul Recovery Fund. Nella riunione dell’Ecofin di ieri il tema è ritornato al centro della discussione. E la posizione degli Stati contrari al fondo se non si è ingrossata si è fatta più coriacea. Detto dell’adesione negli ultimi giorni della Finlandia al fronte dei “Frugals”, i Paesi cosiddetti ‘frugali’, ieri sia Austria e sia Ungheria hanno ribadito che “il pacchetto complessivo non è accettabile per noi in termini di volume, ma anche in termini di contenuto”. La questione continua ad essere quella della modalità di concessione dei fondi che i ‘Frugals’ continuano a ripetere che deve essere sottoforma di prestiti con scadenze chiare e non come sovvenzioni.
La Germania rivede al ribasso il Recovery Fund
E se non bastasse il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz ieri ha insistito perché il Recovery Fund messo a disposizione dell’Unione europea fosse di 500 miliardi di euro e non di 750 miliardi come aveva proposto la Commissione. Un passo indietro che ha subito allarmato Palazzo Chigi spingendo il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri a dichiarare: “L’Italia sostiene un Recovery plan ambizioso e rivolto al futuro. La proposta della Commissione è un compromesso equilibrato e non deve essere ridimensionata. Adesso al lavoro su investimenti e riforme”.
Ma il sentiero è stretto anche per il Centrodestra
Fin qui il sentiero stretto del premier Conte, ma anche sul fronte del Centrodestra questo si fa stretto e impervio. Sono sempre più evidenti i distinguo tra i tre leader, Meloni–Salvini–Berlusconi. Proprio quest’ultimo ieri sera da Bianca Berlinguer a Cartabianca ha detto in riferimento alla manifestazione del 4 luglio, su cui tanto puntano Fratelli d’Italia e Lega, che “dobbiamo mettere ancora a punto. Però se la faremo occorrerà attenzione assoluta a non creare assembramenti e a non dismettere le mascherine”.
Distinguo che non terminano qui, perché sempre a Cartabianca Berlusconi ha annunciato che “Forza Italia vuole partecipare (agli Stati Generali dell’Economia) e chiediamo che l’interlocuzione non sia formale. Convinceremo i nostri alleati a partecipare. Domani parlerò con loro. Sono convinto che si debba andare. Decideremo una linea comune e dovremo partecipare a un appuntamento che pur tardivamente va nella strada che abbiamo indicato. Speriamo che l’ascolto non sia solo un atto formale”.
Quanto basta per capire le diversità di posizioni, con Berlusconi che sta cercando di recitare sempre più un copione moderato e dialogante, rinfrancato anche dai sondaggi sempre più positivi, mentre Meloni e Salvini in una posizione più antagonista nei confronti del governo ma con quest’ultimo in un trend discendente rispetto alla leader di FdI.
Sentiero stretto che però i diretti protagonisti cercano di allargare agli occhi degli italiani. Infatti, per Berlusconi le differenze sono da considerarsi fisiologiche del fatto di non essere “un partito ma una coalizione”, mentre per Giorgia Meloni “sono normali. Se non ci fossero sfumature saremmo un unico partito, le sfumature sono anche un elemento di ricchezza. L’unica differenza sostanziale tra noi e i nostri alleati è sul ricorso al Mes”.
Resta però la posizione dura contro gli Stati Generali della leader di FdI che “non ho capito bene cosa siano, mi pare che ci sia enorme confusione. Se devo andare a fare una bella serata, non ci vado da parlamentare. Gli Stati generali a casa mia si fanno nel Parlamento della Repubblica”.
Meloni: in settimana Centrodestra risolve candidature regionali
Comunque il sentiero stretto per il Centrodestra si intravede anche sulle prossime regionali. Giorgia Meloni ieri sera a “Fuori dal Coro” ha detto che “sui candidati non ci sono queste grandi discussioni nel centrodestra, sono molto ottimista sul fatto che questa settimana chiuderemo l’individuazione dei candidati migliori per correre per vincere. Fitto e Acquaroli, che sono i due candidati che Fratelli d’Italia ha indicato per Puglia e Marche sono per noi i candidati migliori in campo. Sulla Campania Caldoro per noi è un ottimo candidato ma l’ultima parola spetta a Forza Italia”.
Appunto l’ultima parola, che sembra che Matteo Salvini non voglia che sia Caldoro. Perciò si starebbe lavorando a qualche ipotesi alternativa, scegliendola ad esempio dal mondo dell’imprenditoria campana o napoletana che può vantare calabri di primo piano. Una scelta che sarebbe anche un modo per contrastare meglio De Luca, puntando su una candidatura del fare e che guardi a quel mondo imprenditoriale che come nel resto del Paese anche in Campania subisce la negativa congiuntura del lockdown.
Ancora pochi giorni e si capirà se almeno questo sentiero si aprirà verso uno sbocco positivo o porterà in un vicolo cieco. Questo perché deve essere chiaro che se si andasse divisi in Puglia, Marche e Campania la sconfitta è sicura. Ed a perdere sarebbe chi ha fatto di tutto perché il sentiero rimanesse stretto.
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