Da un lato gli Stati generali dell’Economia, dall’altro le prossime elezioni regionali. Maggioranza e centrodestra per questa settimana hanno in agenda due dossier delicati di difficile composizione ma che soprattutto rischiano di lasciare strascichi profondi.
Centrosinistra alla prova degli Stati generali dell’Economia
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Partendo dal Centrosinistra, la maggioranza di governo sarà alle prese con l’organizzazione degli Stati generali anche se ancora l’eco delle polemiche dello scorso fine settimana è ancora ben udibile. In un’infuocata riunione dei capidelegazione con il premier Conte la scorsa settimana il Pd espresse tutte le sue critiche e preoccupazioni. Sotto accusa l’assenza di un confronto preventivo e soprattutto che il premier non avesse condiviso con la maggioranza questo evento.
Oggi la riunione della segreteria del Pd
I più duri furono Dario Franceschini e Roberto Gualtieri, quest’ultimo critico per non essere stato coinvolto in un evento dal taglio prettamente economico. Il Pd ne parlerà oggi nella riunione della segreteria ed è probabile che emergeranno le stesse preoccupazioni che nè i giorni trascorsi né soprattutto l’intervista di ieri al Corriere della Sera del presidente del Consiglio hanno fugato.
Conte punta ad andare lungo la sua strada, ma soprattutto a non voler rinunciare nemmeno di un millimetro al suo ruolo guida. Insomma, il palcoscenico intende riempirlo interamente lasciando agli altri soltanto un ruolo di contorno.
In questo senso è sintomatica la vicenda della commissione guidata da Vittorio Colao, che il Colle aveva spinto affinchè fosse una struttura snella e con pieni poteri. Invece, alla fine l’ha spuntata Conte allestendo un organismo pletorico, non autonomo e strettamente soggetto al premier, quasi come se fosse un comitato ristretto della presidenza del Consiglio. Rimane un mistero come mai Colao abbia deciso di accettare un ruolo così secondario e defilato, alla mercè del premier e delle sue decisioni.
La data dell’apertura dei lavori a villa Pamphili dovrebbe essere mercoledì, ma tutto rimane come sospeso nell’aria. Infatti, sono ancora da decidere temi, agenda dei lavori e gli stessi invitati e su tutto questo pesa la posizione proprio del Pd che teme che si tratti dell’ennesimo coupe de theatre del premier. Il rischio, si ragiona a largo del Nazareno, è ricadere nella logica degli annunci e delle promesse che finora hanno caratterizzato il governo.
Invece, bisogna cambiare passo perché la gente ora ha bisogno di risposte. Disoccupati, famiglie, lavoratori autonomi e dipendenti, imprese attendono misure capaci di fronteggiare la crisi economica e non certo documenti e programmi stilati nel chiuso di villa Pamphili. E’ questo quello che temono dalle parti del Pd e di ritrovarsi a settembre con una crisi sociale ingestibile, che servirebbe soltanto a rafforzare i consensi delle opposizioni. Per questo tempi, modalità e temi dovranno essere valutati con attenzione e celerità.
I 10mila emedamenti del dl Rilancio
Tra l’altro la prova che sta dando alla Camera il dl Rilancio non è delle migliori. Sono ben 10mila gli emendamenti presentati, di cui la maggior parte dalla maggioranza. Non certo un bello spettacolo anche considerando che questo viene valutato come il provvedimento che dovrebbe impostare la ripartenza dell’economia e che dopo due provvedimenti che hanno deluso le attese, il Cura Italia e il Liquidità imprese, non è più possibile sbagliare.
L’emergenza Lampedusa. FdI chiede lo Stato di emergenza
E tra le priorità inizia anche ad insinuarsi la questione migranti. Gli incendi delle notti scorse a Lampedusa e la situazione di grave disagio dovuti a sbarchi continui e alla crisi dettata dalla chiusura di tutte le strutture ricettive, impongono attenzione. La deputata di Fratelli d’Italia, Carolina Varchi ha presentato un emendamento al dl Rilancio per lo Stato di emergenza e la visita sabato sera del ministri Provenzano evidenziano che il tempo delle passerelle è finito.
Senza dimenticare la partita europea del Recovery Fund e soprattutto del Mes. In particolare, quest’ultimo agita la maggioranza con il M5S sulla linea di un’opposizione rigida e pregiudiziale, anche se Matteo Renzi da Massimo Giletti a “Non è l’Arena” ieri sera spiegava che “l’Italia accetta il Mes. Se non dovessimo prendere quei soldi, dove andremmo a prenderli? Il presidente Giuseppe Conte è già convinto, anche dentro le opposizioni c’è chi pensa sia giusto. Salvini e Meloni li lasciamo da soli”.
Riunione del Centrodestra in settimana su regionali
Sul fronte del Centrodestra questa dovrebbe essere la settimana per chiudere la vicenda candidature regionali che si sta trascinando da troppo tempo, anche se Silvio Berlusconi ai microfoni di ‘Non è la D’Urso’ ha ribadito che «differenze non significano divisioni. Significa che si discute, come è giusto che sia, e si decide insieme. Ovviamente questo vale prima di tutto per le regionali, sulle quali del resto esiste già da molto tempo un accordo complessivo sulle candidature. D’altronde, come è stato fatto notare dai sondaggi, il centro-destra vince se è unito. Questo vale per le regionali, come per le elezioni nazionali».
Insomma, per Forza Italia non c’è spazio per rivedere l’impianto delle candidature del Centrodestra, il che significa Fitto in Puglia, Caldoro in Campania, Acquaroli nelle Marche e Ceccardi in Toscana. Uno schema che anche da Fratelli d’Italia viene confermato.
Chi non ci sta è la Lega che con Matteo Salvini continua a mettere in discussione tutto. Qualcuno in maniera maliziosa suggerisce perché in fin dei conti al leader padano non conviene vincere al Sud con candidati non leghisti. Sarebbe un favore agli alleati, come accaduto in Calabria.
Da via Bellerio però ufficialmente spiegano: «La Lega vuole essere primo partito in tutte le Regioni che andranno al voto, da Nord a Sud, ed è al lavoro per una coalizione unita, forte e innovativa. Mentre la sinistra sceglie il vecchio e le ammucchiate (modello De Luca, De Mita, Mastella), noi dobbiamo guidare squadre che guardano al futuro».
Si vedrà, ma certamente resta il fatto che questa esigenza di innovazione sia stata sentita dai vertici leghisti soltanto all’indomani della sconfitta della Borgonzoni in Emilia Romagna. Candidatura, peraltro, fortemente voluta proprio da Salvini ma che alla fine si è rivelata troppo debole e poco inclusiva.
Salvini oggi sarà nelle Marche e poi in Abruzzo, dopo essere stato in Campania e proprio quanto accaduto a Napoli con il rifiuto dell’Associazione dei presepiai ad incontrarlo per «evitare strumentalizzazioni» dovrebbe spingerlo a più miti consigli. Il diniego di un’azienda così identitaria conferma che la Lega è ancora vista al Sud con una certa diffidenza, non come un interlocutore affidabile.
Ecco, che senso ha impegnarsi in un braccio di ferro simile? E soprattutto quale il vantaggio della Lega e dello stesso Centrodestra? Alla fine rischierebbe di uscirne male, come colui che pur di salvaguardare il proprio interesse ha spaccato il Centrodestra consentendo agli avversari di vincere. Di certo non il miglior modo per conquistare consensi e fiducia al Sud.