C’era una volta l’imperatore Carlo Magno, adesso c’è Emmanuel Macron; c’era una volta la figura del Kaiser (per non parlare del Führer), adesso c’è Angela Merkel. Il Sacro Romano Impero ritorna nelle vesti sconsacrate e laiche dell’Unione Europea a guida franco-tedesca.
Non a caso i due, il 22 gennaio 2019, hanno scelto Aquisgrana, l’antica capitale carolingia dalla forte valenza simbolica, per stipulare un trattato di cooperazione per creare, di fatto, un blocco continentale egemone. L’Unione europea è Cosa Loro, il loro Impero, il loro Reich. Non deve stupire, quindi, se lo scorso 18 maggio, Macron e Merkel, da soli, senza altri leader europei, si sono incontrati per proporre al resto d’Europa il loro Recovery fund, un fondo da 500 miliardi di euro per aiutare gli stati colpiti dalla crisi pandemica.
Del nostro Presidente del Consiglio Conte nessuna traccia, eppure si era gloriato di essere stato il promotore del Recovery Fund.
Come se non bastasse, quasi a sottolineare chi comanda veramente nell’Unione europea, Macron, presunto erede di Carlo Magno con tinte napoleoniche, ci tiene a comunicare che «non c’è un accordo dei 27 Paesi dell’Unione europea, è un accordo franco-tedesco. Ma non c’è accordo Ue senza un accordo franco-tedesco». Chi ha orecchie per intendere intenda. Ci saremmo aspettati una qualche reazione da parte del nostro Presidente Conte che, però, non ha mai saputo far valere il principio di pari dignità tra i membri UE evocato dall’articolo 11 della nostra Costituzione secondo il quale ogni limitazione alla sovranità nazionale può avvenire soltanto «in condizioni di parità con gli altri Stati».
Invece, da leader di serie B, Conte ‘cinguetta” serafico su twitter: «Primo passo importante nella direzione auspicata dall’Italia». L’Italia può solo «auspicare», non sa fare altro.
Dieci giorni dopo, Ursula Gertrud von der Leyen, Presidente della Commissione europea, convinta che si debba «essere solidali per superare la crisi immediata», prende atto della volontà della diarchia franco-tedesca e ufficializza una proposta aggiornata di Recovery fund: 750 miliardi, di cui 500 «a fondo perduto» e 250 «andando sui mercati a finanziarsi». Austria, Olanda, Danimarca e Svezia, paesi ‘frugali’, non ci stanno e suggeriscono una sola forma di ‘solidarietà’: prestiti con precise condizioni, una strana forma di solidarietà che prevede ulteriore indebitamento proprio per chi è già in difficoltà per eccesso di indebitamento.
Del resto, nonostante la sua nobile eleganza, con pochette in bella vista, il nostro Presidente del Consiglio sa di non contare e di non saper contare. Non pensa neppure di rappresentare una Nazione che è ancora, nonostante tutto, la settima potenza industriale del mondo, le seconda industria manifatturiera d’Europa e il terzo paese contributore netto del Bilancio UE, nelle cui casse negli ultimi dieci anni ha versato oltre 40 miliardi in più, a vantaggio di altri paesi europei, rispetto a quelli ricevuti sotto forma di contributi e finanziamenti vari. A Conte manca la forza di reagire e far valere le ragioni dell’Italia.
Ormai, da vero specialista in annunci, che i fatti s’incaricano puntualmente di smentire, è capace di dire tutto senza dire nulla. Dopo avere agitato numeri e decreti, potenze di fuoco e atti d’amore, non gli rimane che sperar : «ottimo segnale da Bruxelles, va proprio nella direzione indicata (sic!) dall’Italia». È proprio vero, come diceva l’ineguagliabile Ezra Pound, che «l’incompetenza si manifesta con l’uso di troppe parole», ed è anche vero che chi vive di speranza muore disperato.
Ma davvero il Recovery fund, potrebbe risollevare le sorti dell’Italia?
Va subito chiarito che non si è di fronte a un fondo che elargirà somme a «fondo perduto», come si vorrebbe far credere. Anzi potrebbe rivelarsi uno strumento tardivo, inutile e persino pericoloso.
Tardivo, perché sarà legato al Bilancio pluriennale Ue 2021-2027, i cui tempi di approvazione non saranno certamente brevi. Il Primo ministro olandese, Mark Rutte, s’incarica di farci sapere che «i negoziati sono lunghi, le posizioni sono distanti». E non è detto che si riesca a trovare l’unanimità prevista dalla norma. Nel frattempo, inevitabilmente, la crisi continuerà a mordere sempre più ferocemente. Dopo tre mesi di “arresti domiciliari” le famiglie, gli imprenditori e i lavoratori italiani non possono più aspettare: andavano salvati ieri e già oggi è troppo tardi, figurarsi domani.
Inutile, perché 750 miliardi sono una cifra del tutto insufficiente per i 27 paesi dell’Unione. Una goccia d’acqua nel deserto non basta a togliere la sete. Questo lo ha capito bene la Merkel che, senza chiedere aiuto a nessuno, ha messo in campo circa 1000 miliardi per il sistema produttivo tedesco.
Pericoloso per almeno due motivi. Primo: il Bilancio europeo non dispone dei 750 miliardi necessari per costituire il fondo, i soldi dovranno essere trovati prima dai singoli stati, che dovranno aumentare la propria quota di partecipazione, e poi versati nel bilancio comune. Ciò comporterà per l’Italia un esborso di alcune decine di miliardi che ci faremo prestare dai ‘mercati’.
Secondo: l’Ue dovrà emettere titoli di debito comuni (eurobond) per reperire ulteriori somme affinché il bilancio non gravi interamente sui contributi degli stati. L’indebitamento verrà ‘mutualizzato’ e sarà a carico di tutti. In entrambi i casi i cittadini europei saranno spremuti per soddisfare i ‘mercati-creditori’ attraverso un doppio prelievo fiscale: uno imposto dai governi e l’altro dalla Commissione europea.
A ciò si aggiunga che l’indebitamento comune renderà sempre più problematico affrancarsi dalla schiavitù dell’euro e dalle ‘condizionalità’ che ci verranno imposte.
Con una Banca centrale europea che negli ultimi cinque anni ha creato dal nulla oltre 3000 miliardi di euro con il quantitative easing, nessuno, inspiegabilmente, ritiene che si possa fare altrettanto per reperire 500 miliardi in un momento di emergenza planetaria. L’euro è a costo zero per chi lo crea, ma non per chi lo utilizza.
Come al solito, saremo ‘aiutati’ con i nostri soldi presi a prestito e non si sa se riceveremo almeno quanto versato nella cassa comune. Sicuramente verremo sottoposti a ‘vigilanza’ e dovremo dimostrare di essere ‘frugali’. È la solita ricetta europea che, per usare la formula formula franco-tedesca, prevede «una sana politica economica e un ambizioso progetto di riforme». Già sappiamo di cosa si tratta, è un film già visto: tagli alla spesa pubblica, smantellamento dello stato sociale e più povertà per tutti. Sul fronte politico, il ‘popolo sovrano’ sarà definitivamente commissariato e ridotto a suddito di una élite sovranazionale senza patria ed al servizio dei ‘mercati’.
La storia alterna momenti tragici a momenti quasi farseschi, oggi ci troviamo nella non invidiabile condizione di vivere in una tragica farsa: l’Unione europea.
*Nuccio Carrara
Già deputato e sottosegretario
alle riforme istituzionali
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