La propaganda di Conte sul Recovery Fund e le veline da MinCulPop

di Dario Caselli

«Sono tanti i messaggi di complimenti ricevuti dal premier Conte in queste ore, recapitati anche dagli altri leader europei ‘per la visione di lungo periodo e intuito del premier in termini di risposta economica comune da dare per far fronte alla crisi innescata dal Coronavirus’».

Non abbiamo dubbi che sia così (solita formula di rito per nascondere un naturale scetticismo) ma mentre il Recovery Fund è ancora un insieme di belle proposte, speriamo non di belle speranze, e la strada è ancora lunga e probabilmente come ha chiesto la Francia servirà a luglio un Consiglio europeo speciale per discutere sul tema, bisogna constatare che la macchina della comunicazione, ma anche della propaganda, di Palazzo Chigi lavora a pieno regime.

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Veline che farebbero impallidire il Minculpop  ma che danno anche la percezione della debolezza del governo e quanto all’interno dello stesso staff ci sia la chiara sensazione di criticità. Ieri sul Corriere della Sera Francesco Verderami raccontava della sindrome di accerchiamento che starebbe colpendo il premier Conte. E in effetti queste veline sembrano confermare tutto ciò.

Come detto può anche darsi che sia andata così, ma facciamo fatica a credere se non con il sorriso sulle labbra che ieri ci sia stata la fila dei Capi di Stato e di governo che a turno hanno mandato messaggini e fatto telefonate per congratularsi con il premier Conte. Ci sia consentito il beneficio del dubbio su quella visione di lungo periodo e sull’intuito, non tanto perché l’avvocato del popolo non l’abbia, ma piuttosto perché il risultato del Recovery Fund, peraltro parziale, è frutto dell’iniziativa franco-tedesca.

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Non è qui il caso di ripetere nello specifico cosa preveda il fondo annunciato dalla Commissione europea, per quello rimandiamo ad altro articolo, ma non è casuale che i 750 miliardi di euro siano di gran lunga più vicini ai 500 annunciati da Merkel e Macron e non ai 1500 richiesti dal duo italico Conte-Gentiloni. Sarebbe quindi opportuno fare un po’ di ordine e raccontare come davvero stanno le cose. E caso mai mandare messaggini a Parigi e Berlino.

Ci sta però che nel complesso gioco della politica si cerchi di intestarsi un successo, di accodarsi alla schiera dei trionfatori. Più prosaicamente di salire sul carro dei vincitori.

Meloni Bce GermaniaE questo ha fatto Conte, grazie alla sua invidiabile macchina della propaganda. Ma come si sa il diavolo fa le pentole e non i coperchi e qui i coperchi sono rappresentati dall’incertezza del risultato ottenuto. Lo ha ben spiegato Giorgia Meloni perché «siamo all’inizio di un lungo negoziato e il rischio concreto è che la proposta sia rivista al ribasso in seno al Consiglio Ue, che dovrà necessariamente tenere conto delle posizioni dei rigoristi Olanda, Danimarca, Austria e Svezia».

E chiedendo «al presidente del Consiglio Conte di farsi carico di queste preoccupazioni e di esplorare anche strade complementari da aggiungere agli strumenti UE come i Bond patriottici, i Bond perpetui o a lunghissima scadenza acquistati dalla BCE e l’utilizzo dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del Fondo Monetario Internazionale».

E anche Matteo Salvini ha ribadito che non c’è «nessuna buona notizia concreta per l’Italia, per ora solo altre parole» e lanciando un’osservazione sulle risorse che «essendo legate al meccanismo del semestre europeo, difficilmente saranno utilizzabili prima del 2021 e la loro disponibilità sarà subordinata a riforme strutturali. Appena passata l’emergenza, sulle macerie del Paese, ci aspettano nuovi attacchi alle pensioni e al welfare, oltre ad una tassa patrimoniale sui risparmi».

Soltanto Forza Italia all’interno del Centrodestra guarda in positivo con Silvio Berlusconi che osserva come «l’Europa ha seguito la strada che noi avevamo indicato e per la quale ci siamo molto spesi all’interno del PPE: 750 miliardi sono un impegno importante per la ripresa, che va significativamente al di là dell’accordo franco-tedesco della scorsa settimana, e che si avvicina alle nostre richieste».

Ecco allora chiara la strategia del governo Conte: lucidare e far splendere quanto più possibile la medaglietta appuntata sul bavero della giacca, così anche da spostare l’attenzione sulle debolezze della maggioranza su altri fronti. Come al Senato sul dl Scuola che faticosamente oggi sarà approvato ma con la rivoltella alla tempia del voto di fiducia.

Soltanto all’ultimo si è arrivati a un’intesa, la terza in altrettanti giorni e sconfessando accordi sottoscritti con i sindacati. Il famigerato concorso si farà dopo l’estate, presumibilmente in ottobre o al massimo a novembre, e non sarà più un test ‘a crocette’ ma composto di una prova scritta con quesiti a risposta aperta. Intesa che però non ha smosso il senatore Dem, Francesco Verducci, il quale ha spiegato che «questo provvedimento è un passo indietro grave sulla stabilizzazione dei precari sulla base della valorizzazione della professione docente e su percorsi di immissione in ruolo degli insegnanti di sostegno, fondamentali per il diritto allo studio e la didattica inclusiva».

Altro fronte caldo è, poi, quello delle elezioni regionali con ben cinque presidenti di Regione (Campania, Liguria, Marche, Puglia e Veneto) che hanno scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per esprimere contrarietà sul voto alla fine di settembre e chiedendo elezioni già all’inizio del mese (il 6 settembre) anche perché «esigenze sanitarie sconsigliano fortemente di ritardare le elezioni verso i mesi autunnali, in quanto potrebbe aversi una recrudescenza del virus, che porterebbe a dover rinviare la scadenza elettorale di ulteriori, troppi, mesi».

Ma a Palazzo Chigi sono troppo intenti a contare i messaggi di complimenti ricevuti…

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