«Nella puntata di Non è l’Arena il magistrato Nino Di Matteo rivela che il ministro Bonafede gli chiese la disponibilità per il ruolo di capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ma dopo 48 ore, quando aveva deciso di accettare la nomina a capo del Dap, il ministro gli disse di averci ripensato. Secondo quanto affermato da Di Matteo nelle ore intercorse tra la proposta del ministro della Giustizia e la sua decisione, il Gom della Polizia Penitenziaria aveva informato la Procura Nazionale Antimafia e la direzione del Dap, della reazione di importantissimi capimafia che dicevano ‘se nominano Di Matteo è la fine’. Poi, scoppia l’epidemia Covid-19 e la gestione della crisi sanitaria nelle carceri è un disastro». Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Patrizio La Pietra.
«Il ministero – continua La Pietra – resta praticamente immobile in una prima fase creando una situazione esplosiva che sfocia nella rivolta, quasi generalizzata, nelle carceri italiane con morti, feriti e contusi. Qualcuno ipotizza che dietro ci possa essere un’unica regia, per la modalità e le tempistiche di come è avvenuta. E dopo alcune settimane qualche decina di boss mafiosi, detenuti col 41/bis, vengono scarcerati e trasferito agli arresti domiciliari per trascorrere la quarantena. Quarantena obbligatoria per chiunque venga a contatto con il virus. Cosa altamente improbabile per chi è detenuto in un regime di quasi totale isolamento».
Carceri, La Pietra: «E’ doveroso fare chiarezza sui disastri»
«Ma se anche fosse avvenuto, sarebbe una coincidenza veramente straordinaria che sia capitato a decine di boss e ancora più strano è che non risulti che gli agenti siano stati messi in quarantena con lo stesso principio. Insomma una situazione alquanto confusa, su cui è doveroso fare chiarezza e ai disastri si aggiungono ombre sul comportamento del Guardasigilli, Alfonso Bonafede, che dovrebbe lui per primo chiedere chiarezza e dimostrare la sua ‘bonafede’ con le sue dimissioni, per rispetto della giustizia, dei cittadini, dei tanti agenti di polizia penitenziaria e soprattutto per tutti coloro, donne e uomini, che hanno sacrificato la loro vita per la lotta alla mafia» sottolinea il senatore.
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