L’INTERVISTA | Bruno Contrada: «Ingroia accetti la sconfitta»

di Tony Fabrizio

È un nonno qualunque, un pensionato silente con le sue patologie pregresse e tutta la saggezza preziosa e dispensata gratuitamente incorniciata nel suo viso canuto, uno spettatore attento e rispettoso della vita altrui, sempre presente in caso di suggerimenti, senza, tuttavia, mai invadere il proscenio. Una sorta di dio greco, imperturbabile e privatamente partecipe di ogni accadimento, appartenente ad un’altra epoca, quella degli Uomini integerrimi e tutti d’un pezzo, quella che appare lontana da chi, come me, all’epoca dei fatti frequentava la prima elementare, ora che persino quel grado di istruzione ha cambiato il nome in primaria.

Raggiunto per Il Sud24.it, appare così il dottor Contrada, dirigente della Polizia di Stato in pensione, ex numero 2 del Sisde, uno dei migliori poliziotti che la Repubblica possa annoverare nella sua storia. Differente, completamente differente quando ci racconta il vissuto con la sua lucidità che impressiona, tanto da fare invidia, una paradigmatica memoria della cronologia dei fatti, della precisione delle date, della memoria dei personaggi, dell’accettazione che è quasi alienazione delle decisioni altrui, spesso subite ma sempre accettate, anche se ingiuste.

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Qualunque, come in questo caso: annullamento della condanna, non assoluzione, ma cancellazione di una decisione di una commissione di giudici che ha stabilito che Bruno Contrada non ha mai commesso alcun illecito. Come se ci fosse bisogno di una sentenza dei giudici esteri ed estranei a stabilire che il dottor Contrada sia un cittadino modello: a suo carico non vi è una sola contravvenzione, nemmeno per infrazione al Codice della Strada.

Vanto del superpoliziotto restato umano eppure mai ostentato, nemmeno difronte a qui professionisti che ora come allora si ostinano a commentare e ‘colorare’ le sentenze di una «commissione sovrannazionale» – la Corte Europea – personalità conosciute, o meglio riconosciute, come dimostra la stampa nazionale.

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Con una calma statuaria e una fermezza disarmante, specchio di una saggezza profonda acquisita, Contrada ribadisce, replicando alle dichiarazioni del dottor Ingroia seguite al verdetto di annullamento della condanna da parte del CEDU di Strasburgo quindi di risarcimento dalla Corte d’Appello di Palermo cui fa eco le dichiarazioni del dottor Caselli cui si accodano quelle dei tanti suoi ‘nemici’ di cui la strada dei suoi successi si è costellata, affermando con obbedienza militare che «le sentenze dell’autorità giudiziaria vanno rispettate, osservate e adempiute».

Questo lo sanno tutti: lo sa il dottor Ingroia che è una persona intelligente e preparata, che è stato giudice dall’esperienza ultradecennale, lo sa il dottor Salvatore Borsellino, fratello del compianto giudice Paolo, lo sa l’ex procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli, lo sa anche uno studente al primo anno di Giurisprudenza. L’annullamento ed il risarcimento di Contrada bruciano e pure tanto e se c’è chi rilancia il sovranismo giudiziario accusando la «Cassazione di accucciarsi su una sentenza seppur della CEDU», c’è anche chi dà ad intendere che «la Magistratura ha sempre ragione, tranne quando assolve».

Lapidaria e indiscutibile la risposta dell’ex numero uno della Polizia di Stato: «Ingroia accetti la sconfitta che ha subito! La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha annullato la sentenza da me subita e sofferta e la Corte d’Appello di Palermo ha stabilito un indennizzo applicando la legge. Ogni cittadino è tenuto ad osservare e rispettare le sentenze in applicazione di legge».

Contrada: «Ho sempre rispettato le sentenze. Anche quando sono stato condannato»

Ligio alla legge anche nel commento, o meglio nell’assenza di commento circa l’indennizzo corrispostogli: «Ho sempre rispettato le sentenze. Anche quando sono stato ingiustamente condannato e mi sono presentato in carcere per scontare la pena (8 anni n.d.r.) che mi era stata inflitta. Non mi sono dato latitante, non sono fuggito all’estero, ma ho accettato, non sottraendomi, ciò che i giudici avevano stabilito per me».

Un risarcimento che non paga e non appaga, se mai esiste un prezzo per ripagare le sofferenze inflitte, vieppiù ingiustamente, ma – forse – non gratuitamente. Un valore inestimabile che non rimedierà alle tante vite rovinate, a quelle spente dannatamente, all’onore ferito che pesa come e più di un macigno, ai valori fondamenta di vita e pilastri dell’esistenza. Quei valori che hanno retto ad ogni terremoto giudiziario che ha finito per riportare a galla la verità. Quei valori che, nonostante tutto, continuano ad essere un punto di riferimento e la sola àncora di salvezza di un uomo semplice perciò speciale: «Se dovessi dedicare a qualcuno questo successo lo dedicherei alla Giustizia». Questo è Bruno Contrada.

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