La verità – che, more solito, nessuno degli addetti ai lavori dice, né, la dirà mai – è che, vista la cifra investita 25 miliardi più che un decreto, il ‘Cura Italia’ è una manovra finanziaria. Anzi, vista la parcellizzazione degli interventi, un ‘milleproroghe’, alla – per dirla con Elena Sofia Ricci, «che Dio ci aiuti!». Basta, per rendersene conto, considerare che è dall’altroieri che ci sentiamo ripetere dal premier Giuseppe Conte, dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, da quella del Lavoro, Catalfo e dai loro sodali della maggioranza, che si tratta di «una manovra economica poderosa da 25 miliardi», che ne metterà in circolazione, anzi, ne farà derivare uno tsunami finanziario, di ben 350 ovvero 14 volte più della cifra stanziata.
Cura Italia, insieme Conte e Gualtieri più che vento producono bufere
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Che dire, assieme, Conte e Gualtieri, a chiacchiere, più che vento, sviluppano bufere! E senza dire che, al momento, di investimenti se ne vedono pochini. Niente di strano, però! L’agitare, moltiplicandolo all’infinito, il cosiddetto «moltiplicatore degli investimenti», formulato, nel 1931 da R,F, Kahn e, sviluppato da J.M. keines, è uno degli sport preferiti dai politici, per valorizzare la bontà del proprio utilizzo delle risorse pubbliche. Quante volte glielo abbiamo sentito ripetere in campagna elettorale, ma anche prima, durante e dopo?
Certo, vero è che, come decreta la vecchia saggezza, «la speranza è l’ultima a morire», ma i nostri nonni, facendosi guidare dal semplice buonsenso, ci ripetevano – per costringerci a restare con i piedi per terra – che, «chi di speranza vive, disperato muore». Peccato che buonsenso e saggezza, ai politici – troppo presi a inseguire, sondaggi e consensi – mancano del tutto o quasi.
Del resto, non dimentichiamo che lo stesso primo inquilino di palazzo Chigi che oggi ci parla di «manovra poderosa», agli inizi del 2019, in occasione degli stati generale delle cooperative – per stigmatizzare il rischio di recessione che, in quel momento, aleggiava sul Paese – sentenziò «il 2019 sarà un anno bellissimo e anche quelli avvenire» e che «per l’Italia – ovviamente, grazie alla manovra del governo gialloverde – era in arrivo una ripresa incredibile». Poì, nella realtà, le cose sono andate ben diversamente. Come noto a tutti. E «se tanto, mi dà tanto», c’è poco di che stare allegri.
Intanto perché, l’incremento raggiunto dal reddito grazie all’aumento degli investimenti, così come viene calcolato mediante il suaccennato moltiplicatore, può in realtà essere maggiore o minore a causa dell’esistenza o meno di attriti nel sistema Paese vedi, – tanto per fare un solo esempio – la disponibilità maggiore o minore dei necessari fattori di produzione. E di ostacoli nel nostro sistema, ce ne sono tantissimi. Oggi, ancora più di qualche mese addietro. Tanto più che le misure del ‘Cura Italia’ puntano più al sostegno del reddito che agli investimenti.
Chi aiuta una proroga di 4 giorni per il pagamento delle tasse?
Mi domando, quindi, che «moltiplicazione dell’investimento», possa generare una proroga di 4 giorni per il pagamento dell’Iva concesso alle aziende che fatturano oltre 2 milioni, oppure quella al 31 maggio di ogni adempimento fiscale in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio, e del versamento delle ritenute d’acconto dei contribuenti, nonché dei premi di assicurazione obbligatoria (per le partite Iva con fatturato fino a 2 milioni). Domanda analoga anche per il bonus di 600 euro (addirittura meno del reddito di cittadinanza) per autonomi e Co.co.co, (per quanto precari e mal retribuiti, guadagnano comunque di più) oppure l’ennesima mancetta da 600milioni concessa all’Alitalia.
Certo, qualcosa produrranno, invece: i 10miliardi destinati all’occupazione, i 3,5 per la Sanità e la sospensione delle rate di prestiti e mutui per famiglie e imprese, ma non certo i 350 miliardi «raccontati! da Conte & C.. Bisogna, però, riconoscere che il Governo si è reso conto della criticità della situazione e ha ritenuto di impegnare tutti i 25 miliardi di provenienza parlamentare.
Cura Italia, un dato positivo c’è: laurea magistrale in medicina sufficiente a ‘scendere in campo’
Di questa decisione, però, probabilmente si è fatta complice anche la speranza che ad aprile dovrebbero arrivare anche le risorse stanziate dall’Europa e, quindi, l’uso di quelle nazionali, potrebbe anche risultare inferiore. Da qui, la decisione del nuovo decreto fra un mese, con il piano per gli investimenti, la semplificazione (?) e la riduzione (?) delle tasse, per rilanciare l’Italia. Ma la vera novità di questo decreto è che abilita la laurea magistrale in medicina direttamente all’esercizio della professione. Basta, l’idoneità del tirocinio.
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