«Quel seminarista vestito da Generale» – come cinicamente e con disprezzo Tommasi di Lampedusa, definì ne ‘Il Gattopardo’ la sua maggiore opera, l’ultimo sovrano delle Due Sicilie, Francesco II di Borbone – potrebbe essere beatificato. Sarebbe prossima, infatti, l’apertura del processo di beatificazione. La notizia è riportata dal “ROMA“, che intervista il postulatore della causa, avvocato Nicola Giampaolo. «La prima fase del processo – spiega il postulatore – è di competenza del Tribunale Ecclesiastico diocesano di Napoli e richiede il consenso dell’ Arcivescovo, il Cardardinale Sepe.
Francesco II sarà dichiarato Servo di Dio, il primo gradino della scala della santità. Subito dopo gli atti saranno inviati alla Congregazione per le Cause dei Santi, che dovrà esaminarli e potrà dichiararlo Venerabile. A quel punto ne sarà consentito il culto pubblico ed il passo successivo, sarà la proclamazione a Beato». In favore dell’apertura della causa di beatificazione di Francesco II si pronuncia, in un articolo sul quotidiano, il teologo Nicola Bux, già consultore della Congregazione per le Cause dei Santi.
La denuncia di Francesco II di Borbone alle nazioni europee del “sopruso” dei Savoia
Diciamo la verità, questo conferma la grossa fede religiosa impartitagli dalla famiglia, la sua grande devozione e l’amore verso il suo popolo, come traspare anche dalla lettura della lettera che Francesco II di Borbone scrisse dall’esilio di Gaeta a tutte le nazioni europee per denunciare il «sopruso» savoiardo. Denuncia ripresa nel saggio ‘SuperSud – quando eravamo primi’ edito dalla napoletana Iuppiter, nell’aprile 2011.
«Non essendo bastato – scriveva il giovanissimo monarca deposto – alla rivoluzione di prendere inestimabili richezze artistiche che, proprietà della mia casa, avevo lasciato godere ai miei popoli, non essendo bastato alla rivoluzione di confiscare i maggioraschi (nell’antico sistema successorio il diritto di maggiorasco rappresentava il diritto del primogenito di ereditare tutto il patrimonio familiare), le doti delle principesse, lessostanze delle orfane in esilio, i legati del defunto re ai poveri, l’eredità di Cristina Venerabile di Savoia (moglie di Federico II); non appagandosi delle confische, distribuiscono i beni privati della famiglia a chi da dodici anni cospirò contro di essa, contro il trono e la società».
Ma i cronisti dell’epoca, preferirono i nuovi padroni a Francesco II di Borbone
Il che rappresenta – unitamente al coraggio dimostrato in occasione della battaglia del Volturno del 1860 e dell’assedio di Gaeta nel 1861 quando seppe incoraggiare e galvanizzare le proprie truppe, restando sempre in prima linea durante i combattimenti.- sono la dimostrazione più lapalissiana di quanto fosse immeritato quel nomignolo “Franceschiello” affibbiatogli dai cronisti dell’epoca, per ridicolizzarne la figura dopo che aveva perso il proprio Regno.
Purtroppo, a condannarlo alla sconfitta – come scritto nel libro di cui sopra – il tradimento dei suoi principali collaboratori a cominciare da quel ministro dell’Interno don Liborio Romano che, ancor prima che la dinastia borbonica crollasse, aveva già preso contatto con Cavour e Garibaldi, guadagnandosi, così la riconferma a Ministro dell’Interno di casa Savoia, dopo esserlo stato dei Borbone. Francesco II di Borbone pagava, però, anche la giovinezza (appena 25 anni e 1 mese, al momento dell’assedio di Gaeta) e l’inesperienza militare che non gli consentì di prendere pienamente in mano il comando del suo esercito.
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