Corruzione e turbativa, arrestato il generale dei carabinieri Liporace

Indagato dirigente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

In una inchiesta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano e del pm milanese Paolo Storari è stata eseguita, dai carabinieri del Ros, un’ordinanza di arresti domiciliari a carico di Oreste Liporace, fino al 2021 comandante reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri di Velletri e attualmente direttore presso l’Istituto Alti Studi della Difesa.

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Il generale, sospeso immediatamente dall’Arma, è indagato per presunta corruzione, turbativa e false fatture su un appalto da quasi 700mila euro per servizi di pulizia della caserma affidato, fino al 2021, all’impresa Fabbro. Ai domiciliari è finito anche Ennio De Vellis, secondo gli inquirenti «imprenditore collegato» a Liporace, ma anche agli imprenditori e fratelli Massimiliano e William Fabbro della Fabbro spa, indagati.

La genesi

L’inchiesta nasce da quella per corruzione che in passato a Milano aveva portato all’arresto di Massimo Hallecker, dipendente di Fiera Milano spa, scattata proprio dalla denuncia di quest’ultima società. Indagine dalla quale erano già venute a galla nel 2022 le «figure degli imprenditori» Fabbro. È emersa, poi, una «relazione» di interessi tra i due fratelli Fabbro e il generale Liporace, documentata anche da «chat acquisite». Indagato per turbata libertà degli incanti, da quanto si è saputo, anche Lorenzo Quinzi, capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

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In una nota il procuratore Marcello Viola spiega che oggi «il Comando Provinciale della Giardia di Finanza di Milano ha dato esecuzione a una ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari» nei confronti di «un imprenditore laziale», ossia Ennio De Vellis. «Nello stesso contesto i Carabinieri del R.O.S. hanno provveduto a eseguire – si legge ancora – analogo provvedimento a carico di un Ufficiale Generale dell’Arma», ovvero Oreste Liporace. Entrambi sono indagati «per i reati di traffico di influenze illecite, emissione di fatture per operazioni inesistenti, corruzione e turbata libertà degli incanti».

Il meccanismo

Nell’ordinanza del gip Domenico Santoro si parla della «esistenza di un meccanismo» sulla base del quale l’imprenditore Ennio De Vellis – che si occupa soprattutto di logistica – «si accaparra le commesse» del Ministero delle Infrastrutture. Sarebbe stato lo stesso Lorenzo Quinzi, indagato e dirigente del ministero, ad «esternare» con le sue parole intercettate la «esistenza» di questo meccanismo.

In un’intercettazione del gennaio scorso diceva: «Su quella ditta, gli abbiamo già dato un sacco di roba! No? C’abbiamo la somma urgenza di là, la somma urgenza di qua (…) il capo è sempre uno! Allora se poi lui fa storie (…) la firmo io, non ti preoccupare». Il riferimento era agli «atti di determina», si legge nelle carte, su servizi «di facchinaggio e ‘bandiere’». Dalle intercettazioni emerge, tra l’altro, che Quinzi si sarebbe rapportato anche con una serie di altri funzionari e dirigenti del Ministero, i cui nomi sono citati nell’ordinanza.

Le borse Louis Vuitton

Il generale dei carabinieri Oreste Liporace, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta della Procura di Milano, sarebbe stato corrotto dagli imprenditori Massimiliano e William Fabbro anche tramite diverse borse Louis Vuitton per un valore complessivo di 11.350 euro. Gli accessori griffati sarebbero stati chiesti dal militare agli imprenditori in tre occasioni diverse, tramite «un bigliettino» con la consegna. «Mi fece avere un biglietto con degli articoli di Vuitton da comprare», ha detto Massimiliano Fabbro in sede di interrogatorio davanti al pm Paolo Storari, spiegando che veniva utilizzata l’espressione «Dovresti farmi avere».

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«In teoria uno – ha aggiunto – avrebbe anche potuto aspettarsi il rimborso. In realtà io non l’ho chiesto a lui e lui non me lo ha dato». Quando il pubblico ministero gli ha domandato se avesse collegato l’appalto alle richieste, Fabbro ha risposto: «Certamente. Prima non mi aveva mai chiesto niente, quindi ho collegato». Tra i beni che sarebbero stati elargiti dagli imprenditori, ci sono poi 22mila euro, un servizio di noleggio auto con conducente in occasione di un soggiorno di Liporace a Milano, biglietti per lo stadio Olimpico per lui e i familiari e anche un biglietto per un evento al teatro alla Scala di Milano.

Quinzi videoregistrato

«Mi prendo in affitto sto palazzo qua (…) perché devo trasferire 700 persone» diceva, videoregistrato dagli investigatori all’interno del suo ufficio del Ministero delle Infrastrutture, Lorenzo Quinzi, mentre parlava con l’imprenditore Ennio De Vellis il 6 marzo scorso. Il tema del «bando pubblico relativo al servizio di trasloco di 750 dipendenti del Mit», infatti, come si legge nell’ordinanza, è uno degli ulteriori approfondimenti investigativi in corso nell’inchiesta del pm Paolo Storari, radicata per gli arresti come competenza territoriale a Milano, perché l’ultima «utilità» ottenuta dal generale dei carabinieri Oreste Liporace, arrestato, sarebbe stata l’acquisto a Milano di un biglietto per il Teatro alla Scala.

Per gli inquirenti, Quinzi avrebbe voluto «veicolare gli affidamenti» del Ministero «a favore delle società di De Vellis», anche per il trasloco dei dipendenti, «in cambio di utilità di varia natura». Prima di iniziare a parlare nel suo ufficio con l’imprenditore, si legge, «l’alto dirigente» avrebbe tirato fuori «dal taschino» della giacca il telefono e lo avrebbe messo nel «cassetto della scrivania». E l’altro gli avrebbe detto: «Io l’ho messo, l’ho lasciato in macchina».

Nelle intercettazioni anche i rapporti confidenziali tra De Vellis e Quinzi col primo che diceva all’altro «ci facciamo una bella mangiata, poi gli inviti falli tu (…) facciamo un’ammucchiata tutti quanti». E Quinzi: «Noi c’abbiamo pendenze, fatture te le abbiamo pagate tutte?». E ancora: «Poi magari mi fai un lavoretto quando mi serve». Poi, altre intercettazioni anche sull’appalto per il trasporto dell’orologio del Ministero, con De Vellis che parlava così: «gli dici ‘guarda che il trasporto lo deve fare De Vellis’». E ancora le conversazioni sul bando, a firma di Quinzi, pubblicato il 15 marzo scorso sul sito del Mit per la ricerca di un immobile dove trasferire i 750 dipendenti. E De Vellis che offriva, scrive il gip riportando gli atti del pm, «prontamente» la «disponibilità delle sue imprese».

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